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Factory: l'arte diventa contaminazione di stili e generi in una ricerca della bellezza e della creatività
Factory: in questa parola si racchiude un intero progetto che ha radici storiche e che affonda la propria caratteristica nei tempi della Factory di Andy Warhol. In quel clima si respirava un'intensità umana e un'aggregazione culturale tali da garantire lo sviluppo delle creatività, libere, emancipate, non irregimentabili. L'intelletto e la poetica artistica si univano, così, in un'inscindibile unica essenza, tale da valorizzare la portata estetica, irrompente e dinamica, e contenutistica, messaggi volti a una continua ricerca, a volte provocatori nel senso di rottura con stereotipi asfissianti e afasici di un passato culturale, artistico e visivo, spersonalizzante. Vogliamo, senza peccare di modestia e con le debite distanze, ripercorrere quell'impulso artistico, artigianale e allo stesso tempo pop nel senso letterale del termine, tanto da donare un accesso alla cultura e alle visioni artistiche performative e compositive plurale, composito, complesso, universale nella sua accezione e nella sua portata. La contaminazione delle menti e delle idealità artistiche, siano esse pittoriche, siano esse plastiche, siano esse fotografiche, ci portano a concepire una multiforme intelligenza e una crescita complessa quanto generale, utili a concepire l'arte stessa come forma di espressione umana, centrale nella sua definizione, essenziale quanto necessaria, promanante dalla persona e dai percorsi esperienziali, emotivi e interiori, di lettura del presente, affrontato sia come autore, sia come spettatore. La dinamicità nel rapporto interrelazionale tra chi osserva, quindi usufruisce dell'arte come canale di espressività, e chi propone l'arte, quindi crea, origina attraverso la sua interpretazione e le sue ossessioni, ci porta a dare valore aggiuntivo, ed effettivo, a quel laboratorio artistico e culturale di cui parlavamo: Factory, appunto